Attori e mondi sonori: “Ascoltare” a teatro
by Raffaele Furno
Scholars usually interpret theater performances either for the text or for the staging, focusing on the author or the director. Less often, they concentrate on the soundscape of a show and its contribution to the theatrical experience overall. With soundscape, I refer to the inclusive set of acting voices, music and background noises that can solicit, caress, or provoke the audience’s ears. In analyzing the work of two relevant Italian stage actors from the 1970s onward, I intend to identify the main acoustic features of a theatrical performance. Carmelo Bene constantly structured his productions with/around technical and sound elements that either emphasized or deconstructed his voice. Bene knew, perfectly, how to manipulate the natural resonators of his body, in line with an acting tradition adapted to new technological tools. Likewise, Ermanna Montanari stages her shows with complex bodily performances and vocal scores that explore multiple registers. What kind of experience derives from listening to the theatre – that is, not simply understanding a text – but to capture the emotional world set in motion by the actor/author/composer through his/her own voice/body? Ultimately, what type of sensorial memory is left to the spectator by the soundscape?
La ricerca teatrale ha quasi sempre privilegiato l’analisi dell’evento spettacolo come il testo drammatico di un autore, o come la messa in scena di un regista. Meno spesso, ci si è chiesti come la partitura sonora di uno spettacolo contribuisca all’esperienza teatrale. Per partitura sonora intendo l’insieme di voci recitanti, musiche e rumori di scena che solleticano, accarezzano o aggrediscono l’udito degli spettatori. Analizzando il lavoro di due esponenti rilevanti della sperimentazione italiana dagli anni Settanta in poi, intendo individuare delle pratiche sceniche che hanno fatto dell’udito un cardine della comunicazione teatrale. Carmelo Bene ha costantemente strutturato la sua drammaturgia attorno ad elementi tecnico-sonori che ne enfatizzavano o destrutturavano la voce. Bene seppe manipolare i risuonatori naturali del suo corpo in perfetto sincrono con una tradizione attoriale vestita di una nuova tecnologica. Allo stesso modo, Ermanna Montanari struttura le sue performance attorno a complesse esecuzioni fisiche e a partiture vocali che esplorano i più ampi registri sonori. Quale esperienza scaturisce dall’ascolto teatrale, inteso non solo come comprensione di un testo drammatico, ma come immersione in un mondo emozionale che l’attore/autore/conduttore sviluppa partendo dal suo corpo? Che tipo di memoria sensoriale dell’evento performativo resta grazie all’universo sonoro di uno spettacolo?