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Southernness, Disability and the Construction of the “Other” in Italian Cinema: Desire, Masculinities, Disfigurations and Medicalisations

by Marcello Messina

The work of John Dickie, Gabriella Gribaudi and Jane Schneider, among others, has helped reveal Southern Italy’s positionality as an internal Other within national Italian culture and beyond. Literary, visual and cinematic representations abundantly draw upon this Otherness, which is in turn based on a conflation between the exotic and the familiar, the attractive and the repugnant, the heavenly and the hellish, etc. These representations systematically intersect crucial social demarcations like race, gender, class, and, not least, disability. With regards to this last category, activism and academic research (e.g., Colin Barnes et al.) have come up, in the last forty years, with a “social model” of disability that focusses on social oppression and rejects medical labels based on the concept of impairment. In this paper, connecting critical literature about Southern Italy with disability studies, I seek to examine the ways in which filmic representations of Southern Italians meet diverse and at times contrasting images of disability and impairment. By considering well-known screen performances by the likes of Dario Bandiera, Enzo Cannavale, Sergio Rubini, Franco Trevisi, etc., I attempt to discuss the ways in which disability and Southernness are deliberately combined in order to signify anomaly, deviancy and “exotic” eccentricity for body-normative and ethnocentric audiences.

Tra le voci critiche che si sono espresse sull’argomento, John Dickie, Gabirella Gribaudi e Jane Schneider hanno contribuito alla definizione di Sud Italia nei termini di un’entità “altra” posizionata all’interno dei confini nazionali. A livello letterario, visivo e cinematografico le rappresentazioni del Sud Italia si affidano spesso a questa “alterità,” che, a sua volta, si fonda su una fusione paradigmatica tra esoticità e familiarità, fascinazione e ripugnanza, qualità celestiali e caratteri infernali, e così via. Queste rappresentazioni intersecano spesso demarcazioni sociali di cruciale rilevanza: ad esempio, le idee di razza, genere, classe, e, non da ultima, quella di disabilità. Rispetto a quest’ultima categoria, negli ultimi quarant’anni attivisti e accademici (per esempio Colin Barnes) hanno stabilito un “modello sociale” di disabilità che si concentra sull’oppressione sociale e che rifiuta categorie mediche basate sul concetto di invalidità. Tracciando collegamenti tra la letteratura critica sul Sud Italia e gli studi sulla disabilità, questo articolo esamina i modi in cui la rappresentazione cinematografica degli italiani del Sud si articola, combinando immagini di disabilità e invalidità diverse e, talvolta, opposte. Attraverso l’esame delle performance attoriali di Dario Bandiera, Enzo Cannavale, Sergio Rubini, Franco Trevisi (e altri), intendo trattare di come la disabilità e la meridionalità si intrecciano, al fine di indicare anomalie, devianze ed eccentricità “esotiche” per un pubblico che tende al corpo normativo e all’etnocentrismo.

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Southernness, Disability and the Construction of the “Other” in Italian Cinema: Desire, Masculinities, Disfigurations and Medicalisations

by Marcello Messina

The work of John Dickie, Gabriella Gribaudi and Jane Schneider, among others, has helped reveal Southern Italy’s positionality as an internal Other within national Italian culture and beyond. Literary, visual and cinematic representations abundantly draw upon this Otherness, which is in turn based on a conflation between the exotic and the familiar, the attractive and the repugnant, the heavenly and the hellish, etc. These representations systematically intersect crucial social demarcations like race, gender, class, and, not least, disability. With regards to this last category, activism and academic research (e.g., Colin Barnes et al.) have come up, in the last forty years, with a “social model” of disability that focusses on social oppression and rejects medical labels based on the concept of impairment. In this paper, connecting critical literature about Southern Italy with disability studies, I seek to examine the ways in which filmic representations of Southern Italians meet diverse and at times contrasting images of disability and impairment. By considering well-known screen performances by the likes of Dario Bandiera, Enzo Cannavale, Sergio Rubini, Franco Trevisi, etc., I attempt to discuss the ways in which disability and Southernness are deliberately combined in order to signify anomaly, deviancy and “exotic” eccentricity for body-normative and ethnocentric audiences.

Tra le voci critiche che si sono espresse sull’argomento, John Dickie, Gabirella Gribaudi e Jane Schneider hanno contribuito alla definizione di Sud Italia nei termini di un’entità “altra” posizionata all’interno dei confini nazionali. A livello letterario, visivo e cinematografico le rappresentazioni del Sud Italia si affidano spesso a questa “alterità,” che, a sua volta, si fonda su una fusione paradigmatica tra esoticità e familiarità, fascinazione e ripugnanza, qualità celestiali e caratteri infernali, e così via. Queste rappresentazioni intersecano spesso demarcazioni sociali di cruciale rilevanza: ad esempio, le idee di razza, genere, classe, e, non da ultima, quella di disabilità. Rispetto a quest’ultima categoria, negli ultimi quarant’anni attivisti e accademici (per esempio Colin Barnes) hanno stabilito un “modello sociale” di disabilità che si concentra sull’oppressione sociale e che rifiuta categorie mediche basate sul concetto di invalidità. Tracciando collegamenti tra la letteratura critica sul Sud Italia e gli studi sulla disabilità, questo articolo esamina i modi in cui la rappresentazione cinematografica degli italiani del Sud si articola, combinando immagini di disabilità e invalidità diverse e, talvolta, opposte. Attraverso l’esame delle performance attoriali di Dario Bandiera, Enzo Cannavale, Sergio Rubini, Franco Trevisi (e altri), intendo trattare di come la disabilità e la meridionalità si intrecciano, al fine di indicare anomalie, devianze ed eccentricità “esotiche” per un pubblico che tende al corpo normativo e all’etnocentrismo.

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